domenica 16 dicembre 2007

Non mantiene la promessa (La promessa dell'assassino)

Con amarezza devo dire che, se l’assassino fosse il regista, non avrebbe mantenuto la promessa di farci gustare un bel film, uccidendo tutte le nostre aspettative. Dietro la macchina da presa abbiamo niente poco di meno che l’autore di VIDEODROME, LA MOSCA, INSEPARABILI, A HISTORY OF VIOLENCE… Va bene, David Cronenberg non è per tutti i palati, ma credo che anche i suoi fan più accaniti stavolta resteranno quantomeno perplessi, chiedendosi dove voglia andare a parare con questa Eastern Promises. Sulla carta, i critici ufficiali gli davano 4 stelle: forse era sulla fiducia? O forse avevano visto solo la prima parte del film, quella che davvero sembrava promettere qualcosa: una Londra grigia e fredda dove si annidano i cuori di ghiaccio dei mafiosi russi (poco fotografati al cinema); una lotta intestina per il potere nel clan; un diario segreto che crea un intreccio di destini; una Naomi Watts dallo sguardo sempre intenso a bilanciare un Viggo Mortensen granitico e impassibile; una violenza… “nuda e cruda” (questa sì “alla Cronenberg”) che sfrutta le doti da guerriero indomabile che Viggo ha acquisito dai tempi di Aragorn nel Signore degli Anelli. E fin qui, lo ribadisco, prometteva bene. Ma poi non c’è nulla di nuovo sotto il sole, o meglio, sotto la pioggia di Londra, perché il resto della storia diventa banale e scontato. Quello che intuiamo a metà film, così è e così rimane fino alla fine, senza la minima sorpresa che ci regali un tuffo al cuore, un sussulto, una tensione inaspettata. Ci sono un po’ di colore russo, un bel corpo tatuato, un po’ di sangue proposto in ordine sparso e una scena particolarmente violenta che forse diventerà da manuale. Un po’ pochino perché valga la pena di consigliarvi questo film.
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Perdete la bussola (La bussola d'oro)

Anche se ho il cuore tenero, vedo del buono ovunque e sono un’appassionata di fantasy, devo dichiararmi delusa da La bussola d’oro. All’inizio tutto sembrava bellissimo, a partire dalla sala gremita di gente (neanche fosse la prima de Lo Hobbit). Poi l’incipit che ci trasporta magicamente in una dimensione parallela, un mondo dagli aspetti affascinanti, dove, ad esempio, l’anima degli esseri umani cammina al loro fianco sotto forma di animali chiamati daimon. Poi, ancora, gli ottimi effetti speciali per animare questi ultimi, la ricca scenografia, la nitida fotografia, gli occhioni blu di Daniel Craig, la perfezione di Nicole Kidman… insomma, speravo che tutto questo, con l’aggiunta di un antico manufatto, qualche personaggio eroico, delle streghe guerriere, qualche bella scena di lotta bastasse a farmi uscire soddisfatta dalla sala. Invece non avevo fatto i conti con la sceneggiatura: sembra niente, ma quando, per adattare al grande schermo la descrizione di un intero mondo fantastico, tagliuzzi qua e là saltando di palo in frasca, farcendo il tutto con dialoghi freddi e banali, rischi che lo spettatore resti a dir poco interdetto. E, anziché aspettare con ansia di vedere il sequel (indispensabile per avere un minimo di risposte), decida invece di comprarsi il libro con una duplice speranza: di capire qualcosa in più e che la storia sia un po’ più appassionante sulla carta che sulla pellicola. Queste speranze saranno facili da concretizzare e quindi, a malincuore, è con rammarico che vi consiglio di perdere tranquillamente la Bussola, nonostante sia d’oro.
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venerdì 15 giugno 2007

Un sobrio capolavoro (Le vite degli altri)

Se questo film non riuscirà pian piano a penetrare la vostra corazza, superando le rigide apparenze e toccando qualcosa che si nasconde nella profondità della vostra anima, vuol proprio dire che avete il cuore di pietra. Se, al contrario, da veri spettatori che spiano quanto succede nel film (proprio come il suo straordinario protagonista fa nella storia), vi lascerete coinvolgere dal dipanarsi di questo dramma perfetto, ne guadagnerete lacrime e sangue, emozioni vere, e la consapevolezza della vostra umanità. Lo sconcertante Sistema della Berlino est a pochi anni dalla caduta del muro viene scosso dal suo interno, da qualcuno che imparerà la passione dalle vite degli altri e tenterà di proteggere questa cosa bellissima, ma precaria, da un regime crudele che sempre fa le sue vittime. L'impassibile e meraviglioso capitano della Polizia di Stato ruba la scena all'affascinante scrittore. A quest'ultimo è affidato l'ingrato compito di rappresentare la parte peggiore della casta intellettual-borghese: serva del Sistema, narcisista, con moti d'orgoglio ritardatari, piegata su se stessa e che nascondendosi dietro alla pretesa di fare cultura, non sa mai dire nulla in modo diretto, nemmeno grazie. Oscar più che meritato come miglior film straniero.
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La ricerca del pianeta perduto (Breakfast on Pluto)

Battendo un mio record personale, ho visto 3 film in 3 giorni: "Le vite degli altri" lunedì (5 stelle), "Notturno bus" mercoledì (3 stelle) e "Breakfast on Pluto" martedì (4 stelle). E a riprova che la virtù sta nel mezzo, tra il capolavoro del lunedì e il buon film del mercoledì, la mia preferita è proprio questa curiosa pellicola di Neil Jordan. Un tocco di grazia fantasiosa che ti trasporta nel mondo, a volte crudele e violento, a volte romantico e ricco di poesia, di un giovane transessuale irlandese in viaggio verso la psichedelica Londra degli anni '70. Il giovane in questione ha un animo talmente puro e dolce che lasciarci trascinare nelle sue altalenanti e rocambolesche avventure, facendo il tifo per lui/lei risulta inevitabile.L'infanzia difficile, gli aspetti più duri della lotta tra l'ira e gli inglesi, la crudezza dei pericoli cui va incontro un essere così... sprovveduto, vengono costantemente bilanciati da momenti brillanti e fiabeschi, resi ancor più incantevoli dagli occhioni di Cillian Murphy (già carino come uomo, ma addirittura bello come donna) adorabilmente sgranati sull'emozionante trasfigurazione della realtà. E, a proposito di emozioni, è sempre bello quando, in uno stesso film, si può piangere e ridere in modo catartico. Vuol dire che, passando dagli occhi, qualcosa arriva dritto al cuore, e dunque ha centrato l'obiettivo principale.
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giovedì 14 giugno 2007

Non perdiamo la corsa (Notturno bus)

Certo lo so, sono tutte cose già viste, e nessuno vuole convincervi del contrario. Gli ingredienti ci sono tutti: il microchip rubato che vale milioni, il ricatto, i cattivi sadici ma ridicoli, il poliziotto dal cuore d'oro, la femme fatale bugiarda patentata, l'eroe-antieroe sfigato e per questo ancora più simpatico, qualche morto ammazzato, la love story amore&odio. Quanti film così, a metà tra il giallo e la commedia, ci hanno già fatto vedere gli americani, in tutte le salse e con tutte le possibili varianti? La novità di Notturno Bus sta nel fatto che è un film tutto italiano e, nonostante(?) questo, risulta divertente e piacevole: Mastandrea ci fa ridere e tutto il contorno si lascia guardare in modo scorrevole. Il limite di Notturno Bus sta nel fatto che è un film tutto italiano e non è colpa sua; siamo talmente viziati dal Made in USA che vedere una buona confezione di casa nostra è come mangiare una pasta alla crema dopo essersi abbuffati di snack tipo Twix e Mars: ovvio che la crema perderà sapore, pur essendo crema. Io mi sento di consigliarlo per il solito motivo: il talento l'abbiamo e la storia del cinema lo dimostra, perciò sta a noi spettatori premiare certi gradevoli esperimenti che si discostano con coraggio dal filone iper-intimista e/o pomposamente intellettuale che ha affossato i nostri film al botteghino negli ultimi anni. Poi, lo ripeto, fa veramente ridere... e se l'ultima inquadratura è il preludio di un sequel, vorrebbe dire che stiamo sul serio imparando la lezione diventando meno snob.
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lunedì 12 marzo 2007

Una speranza per tutti (L'amore non va in vacanza)

C’erano una volta degli esseri umani che trovavano normale imbastire relazioni sentimentali con i propri simili e non avevano paura di affrontarne tutte le conseguenze, non temevano né di soffrire né di gioire, seguivano semplicemente la loro natura che li portava a conoscere altri diversi da sé. A ricordarci che queste persone esistono ancora nel XXI secolo e che l’umanità ha ancora qualche speranza di salvarsi dalla sterilità uterina e dalla secchezza del cuore, ci sono il Cinema, le commedie brillanti e Nancy Meyers. Questa sceneggiatrice e regista sembra volerci sollevare il morale a tutti i costi (e ci riesce!), cercando di spiegarci che sorridere si può ancora e che ad avere un pizzico di fiducia in più in quella strana cosa chiamata Amore c’è solo da guadagnarci. Ma, attenzione!, dice anche che non è semplice, che barriere e complicazioni ci sono sempre e che sta a noi superare la pigrizia, rimangiarci il deleterio orgoglio e non temere di tornare sui nostri passi bussando per primi alla porta… Lo ribadisce benissimo in questo The Holiday, dove troviamo due donne, diverse per carattere e stile di vita, ma con egual bellezza, bravura nel lavoro ed incapacità nell’affrontare una situazione sentimentale di stallo. Poiché “cambiare aria” fa bene a tutti, non guasterà neanche alle deliziose Cameron Diaz (Amanda) e Kate Winslet (Iris) che, guardando la loro vita da un altro punto di vista, troveranno finalmente il modo per mandare al diavolo l’infelicità. Ci sono molti pregi in questa bella commedia e vale la pena di scoprirli guardandola a cuor leggero, ma quello che prediligo è il fatto di presentare le varie sfumature della diversità: la diversità delle due protagoniste (così è più facile immedesimarsi), la diversità degli uomini che frequentano e incontrano (incredibile! quei gran bastardi hanno finalmente un contraltare positivo!), la diversità dell’innamoramento (può nascere da una passione improvvisa come da una sintonia graduale)… Insomma una diversità che ultimamente siamo abituati a temere, ma che invece può ancora arricchirci. Buona visione!
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martedì 20 febbraio 2007

Adatto ai bambini (Una notte al museo)

Perso il turno di scegliere che film andare a vedere, mi è toccata la visione di “Una notte al museo”. E’ il tipo di commedia in cui gli americani si sono specializzati, basata su una storia semplice, su una manciata di effetti speciali, sull’attore principe del genere. La storia è presto detta: un padre divorziato e inconcludente, pur di non perdere la stima del figlio, accetta di fare il guardiano notturno al Museo di Storia Naturale di N. Y., non sapendo che una magica tavoletta egizia, da mezzanotte all’alba, ridona vita ai vari personaggi di cera e agli animali impagliati esposti, con tutta una serie di gag che da questa situazione può scaturire. Gli effetti speciali fanno da contorno muovendo sapientemente uno scheletro di tirannosauro e una carica degna di “Jumanji”, mentre al centro di tutto troviamo Mr. Ben Stiller, che sfoggia il suo repertorio di occhioni azzurri sgranati e sorrisi imbarazzati, perfettamente a suo agio come una ciliegina sulla torta (i cui canditi sono Robin Williams e Owen Wilson). Pur apprezzando il fatto che Stiller sa dare un tocco di classe al genere demenziale, avrei avuto una decina d’altri film da vedere su grande schermo piuttosto che questo… ma concedo che due o tre battute, Dick Van Dyke che si muove come un ragazzino a 82 anni(!) e, soprattutto, le risate gorgoglianti dei bambini presenti in sala, possono anche valere il prezzo del biglietto.
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mercoledì 17 gennaio 2007

Armonia geometrica (La ricerca della felicità)

Da un lato, abbiamo una storia classica della “leggenda” americana: il mito del self made man. Dall’altro, un livello qualitativo molto elevato sia dal punto di vista artistico (in primis, Will Smith e suo figlio) che da quello tecnico (sceneggiatura, fotografia, musica, montaggio... sembra tutto ineccepibile). Dall’altro ancora, abbiamo Gabriele Muccino, un “giovane” regista italiano che sa fare il suo mestiere (perché di questo si tratta) sia in patria che oltre oceano, dimostrando finalmente che unire la lezione dei grandi registi italiani del passato con la cultura americana è possibile, e con risultati brillanti. Così formiamo un triangolo equilatero i cui vertici, combaciando perfettamente, creano un film che ci sa coinvolgere, a livello emotivo, su più di un piano: per la sua storia così umanamente commovente (e vicina a noi più di quanto sembri), per la bravura indiscussa di Will Smith, per tutto ciò che sta intorno ed è sapientemente diretto da un regista che di suo, a livello verbale, ha evidenti difficoltà di espressione, ma a livello di linguaggio cinematografico-visivo sa farsi capire e sa comunicare alla grande. Assolutamente consigliato agli spettatori che non hanno paura d’immedesimarsi, soffrendo e sperando col protagonista… E assolutamente consigliato ai giovani registi e sceneggiatori italiani: ora è dimostrato che la loro ricerca della felycità può tradursi in qualcosa di ben fatto per il Cinema e per chi lo ama, purché ci si metta a… correre.

Peccato: si poteva fare meglio (Eragon)

La trasposizione cinematografica di un’opera letteraria presenta sempre insidie e difficoltà, ma non è un’impresa impossibile. Si può ottenere un risultato godibile e soddisfacente in svariati casi: sia che si mantengano i personaggi principali e alcune tracce fondamentali, discostandosi per due terzi dal testo originale (es. Il diario di Bridjget Jones), sia che si abbia un’aderenza totale che traduca perfettamente in immagini l’intero libro (es. Io non ho paura), sia che la riduzione, seppur evidente, resti fedele non solo al testo, ma soprattutto allo spirito e alle suggestioni di cui è impregnato (es. l’ultimo Orgoglio e pregiudizio)… Perché le cose funzionino serve principalmente una cosa: l’ispirazione… E questa sembra mancare quasi totalmente sia allo sceneggiatore che al regista di Eragon. Certo, non possiamo pretendere che a dirigere questi film di genere si trovi sempre un appassionato amante come Peter Jackson… ma persino una pellicola con minori pretese come Dragonheart (1996) fa miglior figura come storia di draghi. Invece qui non bastano il cast (secondo me) azzeccato e i buoni effetti speciali a supplire la regia (ripeto) poco ispirata e le lacune che la storia presenta (peggiorate da un montaggio i cui tagli risultano a volte troppo evidenti e ingiustificati). Alla base si aveva la storia di un viaggio di formazione volto a trasformare un giovane tranquillo in un nobile ed eroico Cavaliere dei Draghi. Passando attraverso un’empatia profondissima con la sua dragonessa, incontri con personaggi misteriosi e potentissimi, numerosi pericoli e il difficoltoso apprendimento non solo dell’arte della spada, ma anche delle arcane e complesse parole magiche, si arrivava ad un’epica battaglia che ridonava speranza ad un mondo vessato da un temibile e malvagio imperatore… Tutto questo bel materiale classico, in cui affondare a piene mani, si riduce a 104 minuti (quale film oggi dura meno di 2 ore?) in cui tutto precipita, con giustificazioni appena abbozzate, verso la battaglia finale, in cui i personaggi non acquistano lo spessore dovuto, in cui la semplificazione della storia la priva anche del suo fascino originario. Buono per spettatori dai 6 ai 14 anni; gli altri avranno senza dubbio visto, e/o avrebbero voluto vedere, di meglio.
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