giovedì 27 gennaio 2011

TAMARA DREWE – Inghilterra, mon amour

Chiaro che dal regista Stephen Frears (che vanta titoli come My Beautiful Laundrette, Le Relazioni Pericolose, The Queen), uno si aspetterebbe di più, ma questa s-garbata commedia very English style è forse meno peggio di quanto si potrebbe credere.
L'eroina del titolo è già eroina di un fumetto, solo ora pubblicato in Italia, la cui trama rielabora gli intrecci di Via Dalla Pazza Folla, opera di Thomas Hardy dove la protagonista è contesa tra 3 pretendenti sullo sfondo della lussureggiante campagna inglese (si veda anche l'omonimo film del '67).
Pure in questa pellicola gli scenari campestri ci deliziano gli occhi, nel corso di quatto stagioni... mentre gli sguardi dei protagonisti maschili sono quasi tutti puntati sulle cosce da paura della brillante Tamara.
Ed è subito scompiglio.
Tornata allo sperduto paesetto natio con un nasino nuovo di zecca, una promettente carriera di giornalista in quel di Londra e un romanzo autobiografico nel cassetto, imbastirà un tira-e-molla col fascinosissimo amore adolescenziale, strapazzandosi prima un famoso batterista-rock star di passaggio e poi un laido romanziere da giallo seriale che l'aveva rifiutata da ragazzina.
Il tono brioso della trama sembrerebbe perfetto per una classica produzione americana (non escludo un remake, n. d. r.), ma è probabile che con lo stra-visto made in USA rischia di perdersi quel tocco di puro sense of humor inglese che, misuratamente ma implacabilmente, batte dove il dente duole.
In questo caso, batte sulla categoria degli scrittori e picchia duro, anche, senza risparmiare colpi.
Ne escono massacrati come farabutti, egoisti, tronfi, pavidi, opportunisti, invidiosi, bugiardi, “mezze seghe”.
Una vera ecatombe. :-)
A redimerli quel tanto che basta per non ritenerli tutti da buttare, c'è proprio la bella Tamara, pure lei facente parte della categoria, ma tutto sommato eroina romantica capace di sterzare dopo essere uscita fuori pista e per cui è impossibile non fare il tifo.
Molto riusciti i “siparietti” delle due adolescenti annoiate di provincia e i dialoghi che svelano il lato oscuro di chi è arso dal sacro fuoco della scrittura.
Nel complesso, davvero godibile.
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mercoledì 26 gennaio 2011

CHE BELLA GIORNATA - ?

Ora che l'hanno visto tutti, ma proprio tutti, lo posso anche dire: questo film è sopravvalutato e mi è piaciuto di più Cado dalle nubi.
Per il successo del grande Checco sono più che felice, intendiamoci: uno che, fin dagli esordi, è capace di far soffocare dalle risate la destra e la sinistra mentre ci sfotte per quanto siamo razzisti, omofobi, retrogradi, mafiosi, ignoranti, opportunisti e chi più ne ha più ne metta, la gloria la merita di default.
Ma, al di là dei pregi comico/intellettuali del mitico Luca Medici, questo film, in sé per sé, non è altro che una graziosa commedia dove i tre quarti delle migliori gag sono già contenuti nel trailer e dal restante quarto mi aspettavo qualcosa di più graffiante, più “alla Zalone”, più divertente, a dirla tutta.
I toni si sono di molto moderati rispetto alla precedente pellicola: ne ha guadagnato giustamente l'intreccio della trama che si è un poco evoluto, ma quella cattiveria inimitabile che ci costringeva a ridere a crepapelle mentre ci pugnalava alle spalle si è stemperata fin troppo.
Agli italiani, evidentemente, questo è piaciuto (record d'incassi con quota 31.479.000 euro al 17/1/11), ma alla sottoscritta un po' meno.
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domenica 23 gennaio 2011

HEREAFTER – capolavoro mancato

Nonostante la grandissima commozione e il grande coinvolgimento che questa pellicola sa suscitare, Hereafter non è privo di difetti.
Come già per il precedente Invictus, noi fan del grande vecchio Clint, rischiamo di uscire dal cinema dicendo:
“Beh...non è Gran Torino.”
Traduzione: non è quel capolavoro che potevamo aspettarci.
Su un piatto della bilancia mettiamo innanzi tutto quello che c'è di buono e, a ben vedere, troviamo parecchi ingredienti, ognuno di qualità sopraffina.
L'inizio del film è travolgente, proprio come lo tsunami messo in scena.
Ci sembra di vivere quegli attimi di panico assoluto come la protagonista. Un gigantesco fiume d'acqua ci trascina via insieme a lei.
Brandelli di “realtà” vengono colti un po' in soggettiva un po' no, con un mirabile impatto d'insieme (grazie a regia/effetti speciali/montaggio/suoni) che porta la nostra compartecipazione a livelli quasi intollerabili, tanto che ci ritroviamo come Marie (giornalista francese vittima della catastrofe) sopraffatti e sospesi tra la vita e la morte.
Questo incipit spettacolare, con la mano felice di Eastwood che si estende anche su una grandiosa scena d'esterno, ci introduce in realtà ad film di introspezione, silenzi, solitudine e mistero dove le storie di tre vite (Marie la sopravvissuta, Marcus il gemello spaiato e George il sensitivo) sono fatalmente portate ad incrociare i loro destini.
La vita dopo la morte e il possibile ritorno da quest'ultima (Near-Death Experiences) è il pretesto per unire queste vite, così distanti tra loro sia geograficamente (Parigi, Londra e San Francisco) che umanamente (lei brillante, ricca e famosa, il bimbo con gravi problemi familiari, il sensitivo in profonda crisi esistenziale).
E' questo che contribuisce a sbilanciare l'attenzione dello spettatore.
Da un lato, in special modo nella prima parte, il film prosegue magistralmente, lasciandoci il tempo di assaporare tutto il gusto dell'introspezione che sa ispirarci, con classe, eleganza, grande emozione.
Dall'altro, crea grandi aspettative, come grandi sono i dubbi e le domande su cui ci induce a riflettere, per poi disattenderle nel secondo tempo con in più un finale che, a parer mio, arriva troppo presto.
Intendiamoci: è un grande pregio di questa pellicola presentare (e con lo stile meraviglioso di Eastwood) determinati argomenti e non è certo compito del regista rispondere pedagogicamente a siffatti misteri.
Ma l'assenza di un buon quarto d'ora di film per scavare ancora più a fondo pesa sulla citata bilancia come un macigno.
Sul fatto che poi la conclusione “di maniera” fosse l'unica possibile si potrebbe ancora discutere: di sicuro era l'unica auspicabile sia per l'ottimo e convincente Matt Damon (George il solitario) che per la bella e brava Cécile De France (Marie la rinata).
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sabato 8 gennaio 2011

MEGAMIND – quando non basta essere perfetti

L'azzurro protagonista di questa pellicola, super-malvagio solo in teoria (poiché da subito si capisce che la sua cattiveria non è innata, ma è frutto del casuale influsso dell'ambiente circostante), possiede un'intelligenza talmente perfetta che da sola potrebbe valergli la conquista della felicità.
Ma, come imparerà a sue spese, avere tutto non basta.
Così pure noi spettatori impareremo la stessa lezione a nostre spese, ovvero: pur trovandoci di fronte ad un'ottima pellicola, ci accorgeremo che la straordinaria confezione non basta a soddisfarci del tutto.
Da un punto di vista tecnico, questo film d'animazione è ineccepibile.
Basti pensare alle accattivanti meraviglie tecnologiche, frutto di infiniti rimandi a cinema/fumetto/animazione di genere, alla simpatia dei personaggi dai grandi occhioni o alla particolare cura nella riproduzione della luce che esalta la resa scenografica dell'insieme.
In egual misura, risulta impeccabile la trama, anche questa imbastita intorno ad appropriate citazioni per cinefili e raffinati cliché fantascientifici, il tutto condito dalle più classiche gag della migliore commedia americana.
Il limite nella riuscita del film sta proprio in tutta questa “perfezione” che appare fin troppo costruita a tavolino e fin troppo ricca e artificiosa. Difficile appassionarsi veramente a questa girandola di già visto sebbene sia curata in ogni minimo dettaglio.
Qualcosa di piacevole e divertente i bambini lo troveranno comunque e probabilmente vi diranno che il film gli è piaciuto, ma risate sguaiate e occhi sognanti o aggettivi superlativi come un semplice “bellissimo” non potranno mai essere attribuiti a questo MEGAMIND che, con tutte le migliore intenzioni, non supera le tre stelle.
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giovedì 6 gennaio 2011

HARRY POTTER e i Doni della Morte - Parte I

La furbata di dividere in due l'ultimo capitolo cinematografico della saga di Harry Potter per raddoppiare gli incassi al botteghino, marciando sulle aspettative dei fan, va presa per quel che è: un'ottima operazione commerciale messa in atto da chi sforna film per fare soldi.
Sdegnarsi è inutile. Anzi.
Superata la scocciatura di dover pagare due volte l'esorbitante prezzo del biglietto, a noi appassionati di fantasy della prima ora questa scelta non deve dispiacere più di tanto.
Raddoppiando anche il tempo a disposizione per raccontare in immagini l'universo di lady J. K. Rowling, non avremo più modo di lamentarci per i dolorosi tagli a passaggi fondamentali e per gli spaventosi buchi di sceneggiatura messi tristemente in atto nel precedente H. P. e il Principe Mezzosangue.
Fatte comunque un minimo di concessioni al linguaggio e all'impianto drammaturgico del grande schermo rispetto al testo scritto, questa prima parte de I Doni Della Morte risulterà alquanto soddisfacente.
Ritmi e atmosfere sono abbastanza aderenti al libro, le scene chiave vengono rispettate, la fotografia è ottima, gli effetti speciali non prendono il sopravvento a discapito della storia (che, va detto, a questo punto è comprensibile solo a chi ne sa già qualcosa) e alcune soluzioni visive sono addirittura eleganti, come la mirabile sequenza animata della fiaba dei tre Doni.
La recitazione del protagonista è ancora una volta al di sotto delle aspettative e la bella Emma Watson riesce sempre (ma ci vuol poco) a rubare la scena ai suoi coetanei proprio come il suo personaggio Hermione fa di default nei libri, ma tutto il resto merita di essere visto.
E, a quasi due mesi dall'uscita, è ancora possibile farlo in qualche cinema.

domenica 2 gennaio 2011

RAPUNZEL – la “magia Disney” si rinnova

E va bene: cantano.
A Roma c'è il Colosseo, a New York la Statua della Libertà e nei cartoni Disney le canzoni: sono realtà inamovibili.
Paghiamo il piccolo dazio alle inevitabili performance musicali sempre con la stessa sequenza (eroina/strega/coro da taverna/duetto) e andiamo oltre.
Non ce ne pentiremo.
L'originale Raperonzolo dei Fratelli Grimm è un'altra cosa, ma la rivisitazione della fiaba è lo stesso ben riuscita, con una sceneggiatura dinamica e brillante da un lato, tenera e poetica dall'altro, proprio con quel giusto equilibrio tra divertimento e spunti di riflessione non sempre facile da raggiungere.
La conversione alla computer-grafica nell'elaborazione dei fondali e nei particolari non toglie troppo al magico tocco del “disegno alla Disney” e anzi lo arricchisce nello spettacolare tripudio di dettagli e virtuosismi scenografici, vera festa per gli occhi.
La resa dei personaggi è convincente, la coreografia delle scene d'azione è ritmata a puntino, la cura delle espressioni facciali e dei dialoghi da brioso action-movie è ottimale.
Anche gli immancabili animali che affiancano i protagonisti sembrano rinnovarsi in un più moderno omaggio alla caratterizzazione in stile Anime giapponese, specialmente nel camaleonte “da compagnia” di Rapunzel, mentre il temibile destriero da battaglia Maximus, che fa da nemesi al fascinoso ladro Flynn Ryder, è uno spassoso e godibilissimo mix tra famosi predecessori equini (primo fra tutti il cavallo Sansone de La Bella Addormentata Nel Bosco) e un integerrimo cane poliziotto.
Non c'è dunque da restare delusi ed è perciò consigliata la visione di questo 50° film animato della storica casa cinematografica... perlomeno in dvd, dato il ritardo di questa mia recensione.